Ma c’è anche la signora di Cagliari che va a far la spesa, accompagnata da una serva con un enorme paniere di paglia intrecciata, o ne ritorna, seguita da un ragazzino il quale porta sul capo una di quelle enormi ceste di paglia intrecciata che sembrano piatti enormi, che riempiono di pane, uova, verdura, pollame e così via. Seguiamo la signora che va al mercato e ci troviamo nel vasto mercato coperto, splendente d’uova: uova nei grandi panieri tondi di paglia dorata, uova a pile, a montagne, a mucchi, una Sierra Nevada di uova, splendenti di un bianco caldo. Come ardono! Non me ne ero mai accorto prima. Diffondono nell’aria un fulgore perlaceo, quasi un calore. Un tepore oro perlaceo, pare. Miriadi d’uova, splendenti viali d’uova. E portano il prezzo: 60 centesimi, 65 centesimi. «Ah! – grida l’Ape Regina – è a Cagliari che voglio vivere, perché in Sicilia le uova costano 1.50 l’una.
Le panettiere della Cagliari dei secoli scorsi erano donne imprenditrici. Benestanti, forti e maliziose. Un’immagine che mi rimbomba in testa da qualche giorno. Da quando siamo state invitate a scoprire uno dei nostri quartieri preferiti per l’evento Le vie del Pane. Scoprire, sì, è la parola più giusta e azzeccata.

Noi il quartiere di Villanova lo viviamo parecchio. E’ uno dei nostri luoghi preferiti. Ci sono le vie piene zeppe di fiori che quasi non si può camminare. Ci sono le botteghe degli artigiani. Ci sono quei luoghi che amiamo frequentare per un aperitivo al tramonto nelle sere d’estate. Ne abbiamo parlato più volte, quando vi abbiamo voluto raccontare la nostra città dal nostro punto di vista. Però devo essere sincera. L’evento a cui abbiamo partecipato me l’ha fatto scoprire per davvero questo quartiere.
Un po’ me ne vergogno. Spesso siamo convinti di conoscere in lungo e in largo la città dove siamo cresciute, dove viviamo. Ce ne vantiamo di quelle bellezze, di quella storia, di quegli angoli che pensiamo di dover e poter raccontare a chi arriva in vacanza. E poi, ad un certo, incontri qualcuno che ridisegna il tuo immaginario con parole e storie nuove. Lo definisce, andando a scavare a fondo e proiettandoti verso un passato fatto di persone, di situazioni, di scatti di vita quotidiana.
Ecco quello che mi ha lasciato addosso Le Vie Del Pane, l’ultimo dei quattro percorsi dimostrativi, organizzati in varie parti del Sud Sardegna dall’Agenzia Laore , l’istituto che si occupa della promozione del territorio in campo agricolo e rurale, insieme a tutte quelle professionalità e persone che in qualche maniera quei luoghi li possono valorizzare. In che modo? Attraverso il cibo e il racconto delle sue origini. Come il pane.
Le vie Del Pane è una forma diversa di entrare in contatto con il territorio. Di viverlo con occhi quasi vergini.
Per me il cibo è una parte importante, credo fondamentale, della cultura. E il pane forse ne coglie al massimo la sua essenzialità. Soprattutto nella nostra tradizione mediterranea. Quando viaggio, ormai lo sapete, cerco sempre di immergermi a 360 gradi nel patrimonio gastronomico del luogo che mi ospita. Sia esso un Paese straniero o il paesino della campagna italiana. E’ attraverso il sapore e il profumo che riesco ad innamorarmi e ad imprimere dettagli importanti, che sennò rimarrebbero persi e confusi. Non mi sono mai chiesta però l’origine dei piatti che assaggio. E’ vero, in cucina sono una purista e cerco sempre di capire il perché di un ingrediente piuttosto che un altro. Però forse non mi sono mai fermata a domandarmi come quella determinata ricetta o quell’ingrediente caratteristico abbiano trovato dimore in un territorio. Non ne conosco la storia, il percorso e l’origine.
Ora ho scoperto parecchie cose della città in cui vivo. Ho scoperto che un tempo quel quartiere pieno di casette colorate e adornate in stile liberty un tempo erano popolate di artigiani, di pescatori, di fabbri… e di panetterie. Ho svuotato la testa da ciò che mi era familiare e ci ho visto dentro tutta la vita febbricitante di un piccolo paese dentro la città. Ho visto le donne alle porte delle loro case, con le mani ancora sporche di farina e lo sguardo fiero e accattivante. Ho visto strade che hanno cambiato fisionomia. Ho visto i ragazzini che portano la spesa con le ceste in testa. Ho scoperto che Cagliari non era famosa per il suo pane. Che le donne che hanno cominciato questa tradizione venivano dai paesi circostanti.
Il nostro itinerario è stato guidato da due ragazze bravissime, di cui avremo modo di parlarvi sicuramente in un altro momento, che ci hanno condotto attraverso una città nuova. Un giro per le vie del quartiere di Villanova e poi di corsa al Mercato di San Benedetto, altro luogo sacro dei cagliaritani. Un posto di cui andiamo giustamente orgogliosi. So che di solito, per chi viene qui in vacanza, è quasi una tappa obbligata. E ne capisco anche il motivo. Ciò che però mi ha colpito di più però è stato il modo in cui ci è stato giustificato questo itinerario. “Il mercato è più di tutti il luogo dove si può carpire l’anima di una città e dei suoi abitanti. E Cagliari è una città che chiacchiera e sorride” – Non è una definizione suggestiva? Io non mi ci ero mai soffermata sopra a questo aspetto. Lo davo per scontato. Come la maggior parte delle cose che caratterizzano il mio ambiente più familiare, fatto di tetti rosa, gabbiani e fenicotteri. Eppure rimango sempre stupita quando mi trovo a viaggiare di fronte ad abitudini diverse dalle mie. Ho l’incanto di un bambino. Chissà se anche per gli altri è così.
La nostra giornata si è conclusa, manco a dirlo, con un laboratorio dedicato al mondo della panificazione. Un racconto. Una capatina all’interno del meraviglioso universo della lievitazione naturale. E della degustazione ovviamente. Complici il Panificio Porta e i Fratelli Cherchi… perché il pane con il companatico assume un aspetto ancora più delizioso. Anzi, se venite da queste parti, segnatevi questi nomi e fateci un salto nei loro laboratori e nei loro punti vendita. Sono sicura che non ve ne pentirete.
Per noi alla fine anche un piccolo cadeau: un piccolo pezzo di pasta madre della nonna Chiara (la nonna di quel Porta appena nominato). Una pasta madre che ha ben 100 anni. Inutile soffermarmi sul fatto che l’indomani avevo già rinfrescato il mio nuovo lievito (gli ho dato da mangiare, in pratica) e ora sono pronta a preparare un bel pane di semola. Ne sento già il profumo invadere casa. In fondo Le vie del Pane prendono mille strade diverse. Anche quella della mia cucina.
Se volete partecipare ad uno di questi itinerari a Cagliari, contattate le nostre meravigliose guide: Chiara e Giorgia. Le trovate anche su Instagram.