“Se vivi su un’isola, fai amicizia con il mare”
C’era una volta un gruppo di abitanti dell’Isola di Tabarka. Tabarka era un piccolo lembo di terra, al largo della Tunisia, popolato da un pugno di persone che venivano dalla ligure Pegli. Un giorno i Tabarkini chiesero al Re il permesso di potersene andare. Di poter raggiungere un’altra Isola, non lontana e particolare. Di poterci costruire le loro case e riempire strade e anfratti con il profumo dei piatti, preparati dalle loro donne. Il Re acconsentì. Fu così che prese vita un nuovo paesino, fatto di case bianche e finestre azzurre come il cielo. Di strade ciottolate, che finivano a picco sul mare. Di torri che guardavano all’infinito e di fiori che spuntavano indomabili tra le coste.
Fu così che nacque Cala di Seta, ovvero, quella che oggi conosciamo meglio come Calasetta.

Calasetta è un piccolissimo centro abitato sulla più grande isola di Sant’Antioco, terra antica e selvaggia, collegata solo da una lunga strada con il resto della Sardegna. Un’isola dove il vento soffia forte e spazza via il rumore delle città. Il frastuono della vita comune.
La prima volta che ho messo piede a Calasetta è stato molti anni fa. Quando soffrivo di una qualche malattia respiratoria che ora non ricordo e il medico disse a mia madre che avevo bisogno di respirare aria pulita. Aria di mare. Non ricordo molto di quelle estati con la sveglia presto per camminare all’alba sulla spiaggia. Ricordo un giardino pieno di alberi. Una casa. E il fattore da cui andavamo a prendere il latte un paio di volte alla settimana. Il latte, quello si che lo ricordo bene. Lo bevevo appena munto. Le persone, quando lo racconto, mi guardano disgustate, ma credo sia stato quello il motivo per cui per anni non ho mai preso né un raffreddore né la febbre.
Non ricordo altro di quelle vacanze. Non ricordavo nulla di Calasetta, se non il fatto che ci ero stata durante l’infanzia.
Qualche anno fa ho deciso di passarci qualche giorno (i pochi giorni di ferie che mi spettavano). Ed è stato come rinascere. Non so se fosse perché avessi un enorme bisogno di vacanza, sta di fatto che quella è stata una delle estati in cui mi sono realmente rigenerata. Avete presente quando riuscite a staccare totalmente da tutto quello che vi provoca stress e ansia? Quando riuscite a sentirvi rilassati e liberi? Uno status mentale diverso, che sa davvero di estate e di serate lunghissime in cui si è in pace con il mondo.
Per me Calasetta è stato esattamente questo. Una vacanza senza pensieri e senza costrizioni.
E’ per questo che ci torno sempre molto volentieri.

Sarà che sono rimasta immediatamente affascinata dai suoi colori. Un cumulo di case bianche e blu, con tutte le sfumature del mare. E il rosa. Che si incontra per strada, tra le aiuole piene di fiori, o tra le persiane delle finestre socchiuse. Un paesino che durante il giorno sta in silenzio, quasi a rispettare il rumore delle onde. E che la notte si anima con il via via delle persone nella sua strada principale e i ristoranti che offrono cascà e farinata di ceci.
Perché a Calasetta si mangia da Dio. In un miscuglio di cucina sarda e cucina tabarkina. Come i suoi abitanti, che parlano con un accento così diverso rispetto al resto dei sardi del Sud Sardegna.
Calasetta è un pullulare di botteghe artigiane e piccoli forni che preparano senza sosta il pane fresco. Da gustare magari con un piatto di tonno immerso nel pomodoro.


Calasetta è mare e faraglioni. E’ farsi inseguire dal vento alla ricerca della caletta perfetta. E’ una costa ripida e una scogliera arrabbiata. E’ roccia e sabbia. E’ il caldo forte delle giornate assolate e l’odore freddo di salsedine delle notti.



Calasetta sembra aver rubato i colori ad un‘isola greca. Un posto diverso dalla solita Sardegna. Magico e lontano da quello che, spesso, rappresenta la mia bella Isola, tra luccichii e serate alla moda. Un mondo dentro a un mondo. E se ancora non sapete dove trascorrere le prossime vacanze, prenotate un biglietto e volate su questa perla del Mediterraneo. Fosse solo per il buon cibo. Fosse solo per i gabbiani che volano al tramonto. Fosse solo per sentirvi liberi. Completamente.







Calasetta
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