C’era una volta un principe che voleva avere per sé una principessa, ma doveva essere una vera principessa. Perciò viaggiò per tutto il mondo per trovarne una, ma ogni volta c’era qualcosa di strano: di principesse ce n’erano molte, ma non poteva mai essere certo che fossero vere principesse; infatti sempre qualcosa andava storto. Così se ne tornò a casa e era veramente molto triste, perché desiderava di cuore trovare una vera principessa.
1° Giorno: a spasso per Nørrebro e la sua street art
Siamo arrivati un po’ in ritardo rispetto alla tabella di marcia. Fortuna che avevo con me un panino a farmi compagnia per le due e passa ore di viaggio tra Milano e Copenaghen. In caso contrario sarei svenuta. Il primo approccio è stato, come dire, singolare. L’aria era decisamente più fresca rispetto a quella che avevo lasciato a casa e potevo sentire quell’odore di cui parlo sempre quando mi trovo al nord. Ma, ho avuto un gran caldo soffocante, che mi sono dovuta portare dietro sino all’arrivo nel mio hotel, il Kong Arthur. Il tempo di cambiarmi al volo ed ero già alla scoperta di Copenaghen. Nonostante gli occhi assonnati per la sveglia all’alba e i piedi già doloranti per il viaggio.
La prima tappa è stata una lunga passeggiata nel quartiere di Nørrebro, uno dei più avveniristici e suggestivi della città. Un luogo pieno di botteghe artigiane e piccoli capolavori di street art, che facevano capolino un po’ ovunque. E’ stato il verde quasi accecante a colpirmi. Giardini e piante in ogni angolo.
E graffiti, che facevano tanto colore. Splendido quello che si affaccia nel parco urbano di Superkilen, un esempio pazzesco della cultura danese, dove design e multiculturalità si incontrano: all’interno del parco, infatti, che purtroppo io ho trovato in rifacimento, si mescola architettura contemporanea e integrazione. Tutti gli oggetti e le opere presenti richiamano le diverse nazioni del mondo. Come a dire che tutti possono convivere nella diversità. Più danese di cosi!
Nørrebro è conosciuta anche per essere il quartiere del famoso Kierkegaard Assistens, che nient’altro è che un cimitero monumentale. La sua particolarità, però, oltre ad essere un luogo bellissimo e in un certo qual modo rilassante, è che vi riposano alcune di protagonisti della cultura danese. Primo tra tutti quell’Hans Christian Andersen di cui parlavamo prima. E poi anche il filosofo Kierkegaard, che, per una diplomata al liceo classico come me, non può che fare un certo effetto. Unica avvertenza: i danesi non sanno scrivere le indicazioni, quindi armatevi di pazienza e cercate chi vi interessa.
Il tempo di tornare in hotel e prendere un maglione al volo, che ormai l’aria si stava rinfrescando, e poi via di nuovo a scoprire, finalmente, la cucina di Copenaghen. Direzione il Meatpacking District, ovvero un enorme polo culturale, pieno zeppo di ristoranti (dall’italiano, all’indiano e anche al danese) e gallerie d’arte, che si trova nell’altrettanto avveniristico quartiere di Vesterbro. Ecco, io mi ero preparata a gustare ogni tipo di piatto e di prelibatezza, ma la serata non si è svolta nel modo in cui mi sarei aspettata (devo assolutamente attenuare questa mia fissa per il cibo local). Le 20 non sono sicuramente l’orario più indicato se si vuole cenare in Danimarca. Neppure a Copenaghen. E soprattutto non lo è in una zona frequentata per lo più da persone del luogo. Il Meatpacking District, però, merita sicuramente una visita. A patto che sappiate cosa state cercando. La mia esperienza più fortunata l’ho avuta con un ristorante che avrebbe anche voluto prendere le nostre ordinazioni, ma purtroppo aveva a disposizione solo brodi vegetali e, dopo una giornata intera senza praticamente toccare cibo, non era proprio il massimo. Comunque, prima di partire, leggete questo post: l’avrei dovuto fare anche io.
2° Giorno: il porto, Christiania e le residenze reali
Chiudete gli occhi e per un attimo immaginate tutta una serie di case colorate. Di riflessi dorati sul mare e di istanti che sembrano rubati ad una cartolina. Di barche ormeggiate con le loro vele e le reti. E’ così che mi è presentato di fronte il porto di Copenaghen, Nyhavn. Con la sua famosa strada di edifici arcobaleno. Il brulicare delle persone incessante a parte, era cosi che immaginavo Copenaghen. Come il paesaggio ritratto da un pittore allegro. Di notte, poi, i colori e le luci diventano magia.
Forse è davvero questa la parte in cui si concentrano maggiormente i turisti a Copenaghen, perché poi andando avanti gli spazi si allargano. Fino a trovare il mare. Fino a perdersi in un panorama a metà strada tra il design e i capannoni industriali, che qui sono un po’ ovunque e vivono di una vita propria.
E fino anche ad inciampare in quella che diventa la Copenaghen reale e altezzosa. Elegante e austera. Perché i regnanti di Danimarca avranno anche residenze sparse qua e là per la città, ma mantengono comunque un’apparenza sobria e sincera. Mi sono praticamente scontrata con il loro palazzo ufficiale, l’Amalienborg, e mi sono trovata in mezzo al cambio della guardia. E devo dire che queste guardie danesi sono nettamente più simpatiche di quelle inglesi.
Il flusso delle persone segue quasi un percorso guidato. Che continua attraverso il Kastellet, una cittadella fortificata di cui i Danesi vanno tanto fieri, che fu un tempo il quartiere generale dei nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale, ma che in realtà colpisce per essere un luogo fuori dal tempo. Con i ponti sui fiumi. Con i mulini a vento. E un parco verdissimo, dove gli occhi si perdono senza trovare la fine. Un paesaggio quasi bucolico, oserei dire.
Ora, vi sembrerà di aver fatto tantissima strada e macinato chilometri , ma è proprio in questo che non ci si può fermare. Perché a pochi metri c’è lei. La statuina più piccola e ricercata del mondo. Quella che fa sognare. Quella che delude, ma che non si può tralasciare di vedere e toccare: la Sirenetta. Sono stata fermata sul mio cammino da non so quanti turisti che mi facevano la stessa domanda: “Per la Sirenetta?'”. Che poi a guardarla mette davvero un po’ di malinconia addosso. Ma credo sia stato quello l’obbiettivo di Andersen.
Non molto distante dalla Sirenetta, ma dall’altra parte del mare, c’è uno dei luoghi che ho amato di più di tutta Copenaghen. Il Reffen, ovvero il paradiso per gli amanti del cibo. Qui Sembra che il mondo del food debba vivere di vita propria. i sono i “district ” dedicati, dove si concentrano le meraviglie di tutto il pianeta. Del Reffen sicuramente avrò modo di parlarne più avanti, perché merita davvero qualche parola in più. Per il momento sappiate che dalla Sirenetta potete raggiungerlo prendendo il battello 992.
Copenaghen la verde. Copenaghen l’innovativa. Copenaghen la romantica. Certo, ma anche Copenaghen la libera. Christiania è un luogo da non perdere, una comune hippie con regole proprie e un proprio stile di vita. Qui tutto è diverso. Anche i turisti lo sono. O, in qualche modo sono portati ad esserlo. Qui le macchine fotografiche vanno lasciate dentro lo zaino, perché i suoi abitanti non amano essere immortalati nella loro quotidianità. Qualche foto l’ho fatta, ma solo dove mi era permesso. Per il resto credo che ognuno meriti il rispetto che vuole e io mi ci conformo molto volentieri. All’interno troverete musica, un ambiente rilassato e un tuffo nel passato agli anni settanta.
Christiania, però, si trova in una zona della città, compresa tra il quartiere di quello di Christianshavn e l’isola di Slotsholmen. E’ una zona suggestiva e particolare. E’ la zona delle case galleggianti e dei canali. Del Diamante Nero, la biblioteca reale, e del suo meraviglioso giardino, dove i fiori fanno da contorno colorato ad un’oasi elegante e rilassante allo stesso tempo. E’ la zona tra un’essenza bohémien, con i portoni color pastello, e un fascino quasi snob, da hipster. E’ la zona del Noma, il ristorante più famoso al mondo e anche uno tra i più proibitivi. E’la zona dove sorge il Christiansborg, altro palazzo appartenente ai reali, dove ha sede il Parlamento e dove la Regina dà i suoi balli di corte (mi sto immaginando con addosso un abito da principessa, ndr).
3° Giorno: Indre by e tanto, tanto design
Il cento della città l’ho lasciato volutamente all’ultimo giorno. Forse per via della vicinanza al mio hotel. Forse perché ero conscia del fatto che mi sarei trovata circondata letteralmente da così tanti negozi, da rischiare di esserne fagocitata. Di solito, quando viaggio, non amo perdermi in attività di shopping, ma Copenaghen rappresenta la capitale del design. E, soprattutto, del design del mio cuore. E il design, qui, si trova ovunque. Non solo all’interno dei negozi. Che chiaramente avranno un capitolo a parte, perché mica vi posso lasciare senza i miei indirizzi del cuore!
Potrei dirvi di perdervi nelle stradine intricate del centro storico di Copenaghen. Di lasciarvi guidare dall’istinto e abbandonare le guide. E invece no. Qualche consiglio ve lo voglio dare. Anche perché io ci ho provato a seguire questo mio lato romantico e avventuriero, ma alla fine mi sono trovata sempre nel punto di partenza. Quasi fosse un labirinto. Il centro è davvero piccolo, ma è pieno zeppo di cose da vedere.
Il giardino botanico non può mancare all’appello. Io, per ovvi motivi legati alla mia fissazione con le piante, non potevo davvero saltarlo. E’ una meraviglia, che ve lo dico a fare? L’ingresso è gratuito, ma al suo interno ci sono tutta una serie di mostre a pagamento.
Altro capitolo sulle residenze reali (ve l’ho detto che ne hanno una per ogni ora della giornata!). Ad Indre By trovate il castello di Rosenberg, fiabesco come pochi, e Kongens Have, i giardini reali. Una pausa per una passeggiata tra i roseti e un parco pieno di giochi (sostenibili e naturali, ovviamente) per i bambini. Che, per inciso, sono una meraviglia per gli occhi, ci tengo a ribadirlo. Da Rosenberg parte una parata nelle vie cittadine, che culmina nel palazzo di Amelienborg, dove si svolge il cambio della guardia (ricordate?). Momento divertentissimo da seguire, perché sembra di essere a Natale, con quella musichino allegra che mancano solo la neve e le mele caramellate.
Se siete fortunati, la parata potreste riuscire a vederla dall’alto della Torre rotonda , che si torva proprio nel centro della città. Qui l’ingresso è a pagamento, ma se non soffrite di vertigini, una visita la merita. Fosse anche solo per le mostre di design che ospita al suo interno. Un consiglio: entrante nel bagno che trovate lungo la salita…delizioso!!!
Il centro storico di Copenaghen è davvero un dedalo di stradino e di piazze. Come Strøget, l’area commerciale più lunga d’Europa, dove, se amate lo stile nordico, potete rischiare di perdere la testa. E anche se vi piacciono i marchi luxury (ma quelli li trovate dappertutto, ormai). O come la piazza del Municipio, in stile rinascimentale, che a me ha ricordato un po’ Bologna e Piazza Maggiore (non me ne vogliano i bolognesi). Io sono stata a Copenaghen nel periodo di Ferragosto e la piazza era lo scenario del Pride. Quindi immaginatevi tante bandiere arcobaleno (la Wella colorava i capelli gratuitamente a chiunque volesse una testa ispirata agli unicorno…chiaramente questo succedeva il giorno dopo la mia partenza) e musica. Tanta musica. Io sono riuscita ad assistere al concerto di una cantante molto conosciuta in Danimarca, di cui però non ricordo il nome.
Ora ve lo voglio svelare. Il motivo vero per cui sono voluta venire a Copenaghen è uno solo e si chiama Tivoli. Quando si tratta di parchi di divertimento io divento una bimba piccola e devo dire che questo è molto più vivibile dei nostri Gardaland o Mirabilandia. Quindi potete farci una passeggiata anche con chi non ama questo tipo di cose. Io, come è ovvio, in un’attrazione sono salita e lì, mentre volteggiava in aria da sola, pensavo “Oddio adesso non torno giù viva!” Andateci la sera, dopo il tramonto: merita di più.
Mi sono appena resa conto di aver scritto un post davvero lungo, ma, come vi ho anticipato, Copenaghen è una città che racchiude in una misura a grandezza d’uomo così tanta bellezza, da non riuscire a riassumerla in poche righe.
Voi ci siete già stati? State progettando un viaggetto da quelle parti? Sono pronta a leggervi nei commenti.