“Non puoi mettere la vita in attesa, Charlie. La vita non aspetta nessuno.
In quest’ultimo periodo ho preso l’abitudine di svegliarmi presto e senza troppi lamenti. Di solito, quando andavo a letto pensavo subito che no, non avevo voglia che il domani arrivasse così presto. E, quando suonava la sveglia, il primo suono che emetto era un no, ripetuto almeno una decina di volte, con voce disperata e angustiata. Roba che, detto così, sembra soffra di una brutta forma di depressione. La realtà, invece, è molto semplice. Le mie giornate, soprattutto ultimamente, sembravano talmente infinite da lasciarmi stramazzata sul divano, appena riuscivo a raggiungerlo dopo cena.
Adesso è tutto diverso. Adesso mi sembra di aver in mano di nuovo la gestione del mio tempo. E mi piace. Più volte ho scritto e ho detto di come stia vivendo questa quarantena a casa. Nessun lamento. Niente occhi alzati al cielo. Mai sbuffato per una passeggiata mancata. Mai nervosa per carenza di libertà e di vita. Mi sono semplicemente adeguata alla mia nuova esistenza. Così uguale a quella di tanti altri. Mai noiosa o triste, anche se confinata nella distanza tra il soggiorno e la cucina.
Quando è iniziato tutto, quel giorno, quel 9 marzo, mi sembrava diverso. Lo ricordo bene. Non ero spaventata, ma un mese, fino al 3 aprile, mi è apparso come un’eternità. Mi sono chiesta come avrei fatto. Come avremmo fatto tutti.
Mi sono resa conto che qualcosa era cambiato nella mia testa, quando ha cominciato a palesarsi la chiusura totale fino al 4 maggio. Un altro mese, un altro mese di lockdown. Ma se il primo, nei miei conteggi, è diventato una dimensione senza tempo e senza confini, questo secondo mese si è trasformato in una manciata di secondi. Praticamente è diventato un dopodomani.
È strano come la dimensione tempo si adegui all’elasticità e alla condizione mentali. È come se in realtà non esistesse una dimensione esatta e scientifica del tempo.
Mi sono chiesta più volte il perché di queste mie considerazioni e alla fine sono giunta ad una risposta: ho paura di riprendere la mia vita post Covid. O post quarantena. Insomma, ho paura di riprendere la mia vita normale, quella che conoscevo prima che il mondo fosse avvolto dalla pandemia.
So che queste parole possono suonare come troppo forti o polemiche. O magari come il frutto di una mente mossa da chissà quali turbe psichiche. Però non credo di essere l’unica a pensarla in questo modo. Se prima non ho avuto paura di quello che sarebbe successo, o per lo meno ero sostenuta da un ottimismo raro, ora sto cominciando ad averne. Dubbi legati a quello che verrà, certo, ma non solo.
In questi quasi due mesi di vita casalinga sono riuscita a ritagliarmi di nuovo uno spazio per me stessa. Non che abbia lavorato di meno, anzi. Ho trascorso comunque le mie giornate impegnando la testa nel mio lavoro. Dalle 8 alle 20, per la precisione. Senza sconti, ma, al contrario, buttandomici a capofitto. E la situazione la sera è sempre stata la stessa di prima, prima del coronavirus: io stramazzata sul divano dopo cena. Ma queste mie dodici ore al computer, impegnata a scrivere, a studiare, in cucina a preparare non so più quante ricette, beh tutto questo ha avuto un sapore diverso. Quello della mia dimensione. Una dimensione più umana, che mi ha permesso di vivere maggiormente la mia casa e di rispettare i miei tempi. Di non correre come una matta da una parte all’altra della città per raggiungere chissà cosa. Di non essere nervosa ventiquattr’ore su ventiquattro. Una dimensione nuova, alla quale non ero più abituata e che avevo perso quasi definitivamente nella corsa, che io chiamo il mio frullatore, verso i miei impegni e le mie scadenze.
Perché ho paura di ritornare alla mia vita normale? Perché ho il terrore consapevole di dover rinunciare a tutto questo. Di ricominciare a trotterellare con delle mete imposte spesso dagli altri e che mi costringono, a volte, molto di più delle misure del lockdown. Ho sempre sostenuto di essere una persona fortunata, e ancora ne sono convinta. Amo quello che faccio e la vita che mi sono scelta, ma la quarantena mi ha obbligato a guardarmi dritto in faccia, senza troppi fronzoli o giri di parole. Qui a casa mi sento al sicuro, coccolata dalle mie certezze e dallo scandire le ore della mia giornata. In quella che ho definito la mia personalissima bolla. E ora ho paura di perdere tutto.
In molti dicono che da questo coronavirus ne usciremo cambiati, diversi. Ma quanto sarà vero? E mi chiedo: è possibile aver paura di tornare alla normalità?
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