“Come tutte le migliori famiglie, abbiamo la nostra quota di eccentricità, di giovani impetuosi e capricciosi e di disaccordi familiari.”
Avvertenza: questo post potrebbe contenere “spoiler” o contenuti altamente sconsigliati a chi vuole rimanere in un ambito politicamente corretto.
Io vi ho avvertito. Ma se volete sapere cosa ho pensato di The Crown andate pure avanti nella lettura.
Ora, partiamo da un presupposto. Io sono quella che arriva quasi sempre tardi su tutto. Non sopporto il clamore mediatico che di solito sta dietro le cose. Che sia l’apertura di un nuovo ristorante o una nuova serie su Netflix poco importa. Io mi butto nella mischia dopo che quel clamore è cessato. L’ho fatto anche con The Crown, che non ha mai suscitato in me nessun tipo di curiosità. Fino a quando le serie da vedere su Netflix hanno cominciato a scarseggiare e allora ho ceduto.
Di The Crown sapevo, in verità, molto poco. Se non che la Famiglia Reale si fosse un pelino scomposta per alcune scene dell’ultima stagione, la quarta. E le mie scarse conoscenze erano dovute solo al fatto che, lavorando in radio, devo in qualche modo tenermi al passo coi tempi sugli argomenti più disparati.
A me la Famiglia Reale, però, è sempre stata simpatica. Con alti e bassi, come per tutti. Con la compassione provata per la povera Diana di Inghilterra, di cui, credetemi o no, ho visto la dipartita in sogno proprio mentre lei stava avendo quel maledetto incidente fatale. Con gli occhi puntati sulla tv durante gli ultimi matrimoni. E i gossip e le liti dei giovani rampolli. Un interesse vago, come chiunque insomma. Il resto lo ha fatto la mia passione per la storia. Quindi ecco come mi sono trovata sul divano ad essere fagocitata da ogni istante di questa serie.
The Crown è composto di quattro stagioni. Per ora. Le prime due sono un qualcosa di spettacolare. Lei, Elisabetta, non è ancora salita al ruolo di Regina. Ed è forse questa la parte più affascinante di tutte. Perché, scena dopo scena, si intravede in modo forte il cambiamento di una donna, giovanissima, che si ritrova improvvisamente a cambiare vita, senza essere ancora in grado di farlo. È bellissima, Elisabetta. O meglio Claire Foy, l’attrice che la interpreta. Forse anche troppo bella per incarnare il volto della Regina, ma con una serie di movenze che anticipano il personaggio che è destinato a diventare. Prima timida, insicura di sé e poco all’altezza del ruolo, lasciatemelo dire. Per poi lasciare spazio ad una sorta di ostentazione dell’essere al di sopra di tutto e tutti.
Al suo fianco un Filippo stronzo, donnaiolo, insensibile e poco incline ad inchinarsi a Sua Maestà. L’ho odiato, Filippo, nelle prime due stagioni. Ma poi ne ho capito l’anima.
Insomma, le prime due stagioni mi hanno conquistato. Il tracollo l’ho avuto all’inizio della terza. Mi avevano avvertito. Ero conscia di quello che stava per accadere, ma non ero pronta. La scelta stilistica del regista Peter Morgan è stata quella di cambiare gli attori. L’ha fatto per una questione anagrafica e di attinenza con i personaggi, che sennò a suo dire sarebbero stati poco credibili. E non che gli attori che sono venuti dopo avessero qualcosa in meno dei primi. Anzi, sono stati tutti molto più bravi e densi di verità storica. Ma, sapete come vanno queste cose. Si accende la tv, si comincia a guardare una serie, ad appassionarsi al racconto e ad amare quei personaggi. Il cambio volto è un tradimento che non si perdona, almeno per me.
C’è anche da dire che, tra una stagione e l’altra, la Regina Elisabetta ha più o meno 38 – 39 anni. Io continuavo a fissare il volto di un’Olivia Colman invecchiata dal trucco e non capivo. Vero è che all’epoca sembravano tutti vecchi dell’età che in realtà avevano, ma questo cambio di rotta mi ha lasciato perplessa, tanto da farmi addormentare per quasi tutta la terza stagione. Una storia senza ritmo, lenta e noiosa. Non c’è stato giorno che non crollassi sul divano, per poi risvegliarmi giusto l’attimo prima di continuare la mia notte nel letto.
Si sono ripresi sulla quarta, quelli di The Crown. Con l’ingresso di Diana e con il fatto, forse, che ormai mi ero abituata alle nuove facce di tutti i personaggi. Detto questo, non sto qui a sindacare sulla scenografia, sui dettagli o sulla bravura dei vari attori, che, a mio parere, hanno interpretato tutti i vari ruoli in modo magistrale. A me The Crown, con tutti i limiti spiegati sopra, è piaciuto. E parecchio.
Ma quello che, più di tutto mi ha lasciato è stato una nuova impressione sulla Famiglia Reale. O meglio, li ho guardati con occhi diversi. È come se, in questi miei quarant’anni di vita, io avessi avuto di fronte una storia, con principi, regine e principesse, a cui assistevo con una sorta di velo davanti. Un velo che The Crown mi ha tolto, permettendomi di andare oltre.
Non so se lo spessore psicologico dei vari personaggi coinvolti sia davvero quello rappresentato nella serie. Mi tengo il beneficio del dubbio, con la consapevolezza che dietro questo lavoro televisivo ci sia stata molta ricerca e attinenza alle fonti.
Su Filippo mi sono già espressa. Parecchio stronzo all’inizio, ma con un suo perché. Lo scettro della cattiveria va comunque a lei, la Regina Elisabetta. Devo dire che in generale l’ho sempre ammirata parecchio, con questo trono infinito e lei che riesce all’età di 94 anni a fare cose che a me ammazzerebbero senza dubbio. Ma, andando a guardare oltre, si sta di fronte ad una donna che, a causa della sua famiglia, non ha mai ricevuto un’istruzione, se non quella che si confà ad una futura regina. Una donna estremamente fragile, che ha combattuto quella sua fragilità diventando dura e insensibile come una pietra. A discapito dei suoi affetti e delle persone che le stavano intorno. Prima tra tutte, la principessa Margaret, sua sorella, costretta ad una vita infelice proprio per colpa del trono e del regno inglese. Un personaggio che, nella vita reale, non mi ha mai provocato nessun interesse, ma per cui ora nutro una simpatia immensa. Margaret è morta a 70 anni, dopo l’ennesimo ictus dovuto ad una vita di mille bicchieri alcolici e tre pacchetti di sigarette al giorno. La principessa irrequieta, la chiamavano. Per me una principessa triste a cui la Regina diceva sempre di no. Che fosse il matrimonio con l’uomo che amava o le sue richieste di prendere più responsabilità in famiglia poco importa. La Regina a Margaret diceva sempre e solo no. Le cause della sua morte sono state fisiche, certo, ma quelle della sua infelicità sicuramente sono da attribuire a ben altro.

Una famiglia strana, quella inglese. Condannata ad un finto star bene. Prendete infatti Carlo. Il povero Carlo. Un bambino un po’ bullizzato a scuola, senza la forza caratteriale del padre, lasciato un po’ in disparte dai genitori (Anna era la preferita di Filippo e Andrea quello di Elisabetta). Carlo si innamora di un’indipendente e spiritosa Camilla, interpretata magistralmente da Emerald Fennell. E di nuovo è lei a dire no. Quel matrimonio non s’ha da fare.
Io, come tutti, ho sempre trovato Camilla un essere odioso. Aveva tolto l’amore ad una delle principesse più belle e buone della storia, Diana, che, se anche Elton John amava, allora non poteva che essere così. Beh, ho cambiato idea. Quel che mi è svelato di fronte agli occhi guardando The Crown è il volto di una Diana dal fare bambinesco, curiosa, superficiale e un po’ sciocca, che aveva il sogno di diventare una principessa. Come nelle favole.
Passatemi una piccola analisi psicologica. Diana era anoressica. Penso di potermi esprimere senza finire sotto processo, in quanto anche io ho un passato di anoressia e so bene come funzionano certi meccanismi mentali. Diana si nutriva di popolarità, di quel suo essere amata e al centro dell’attenzione, di quel suo lieto fine immaginato, di quel “e vissero tutti felici e contenti” che si era pregustata quando Carlo le aveva chiesto di sposarla. Ma Diana sapeva che era tutto una finzione. E in quelle due dita in gola, che si vedono spesso nella serie e che sono state motivo di sgomento e rabbia per la Famiglia Reale, si vede tutta la voglia che Diana stessa aveva di vomitare quella finzione.

Ho sempre pensato che Diana fosse una vittima. Con il senno di poi credo che le vittime fossero tre, Diana, Carlo e Camilla. E che Diana ci si sia infilata in mezzo a questo disastro con la troppa leggerezza che si ha a vent’anni. E Diana no, non amava Carlo, ma la vita che pensava facessero le principesse. Ci sono troppe colpe in questa storia e sono tutte scolpite con lo scalpello sul trono reale. Certo, Carlo non era uno stinco di santo… Ma provateci voi con una famiglia alle calcagna, che vi impone come comportarvi, chi amare e cosa mangiare in ogni istante della vostra vita!
Ora aspetto il seguito di The Crown, pronta ormai a farmi opinioni diverse e nette anche sugli altri membri della Famiglia Reale. E sono sicura che ce ne saranno delle belle. Perché se The Crown ha avuto il potere anche di farmi stare simpatica la Lady di Ferro e di intravederne la sua umanità, allora sono certa che ci sarà un nuovo giro di carte. Con la speranza che almeno il piccolo Baby George rimanga quell’esserino adorabile, birbante e dissacratamente ironico.